La simulazione nella pratica infermieristica, si dimostra da più di cento anni un imprescindibile strumento di formazione, utilizzato dai docenti al fianco delle metodiche di insegnamento tradizionali. Nell’ultimo decennio essa ha vissuto una notevole crescita, grazie all’utilizzo di manichini di progressiva fedeltà e quindi maggiore realismo, portando alla realizzazione di esperienze profondamente formative. Questo metodo di formazione risulta essere, infatti, di fondamentale importanza per lo sviluppo delle abilità tecniche, ma soprattutto non tecniche, che costituiscono la professione. Per “non-technical skills” si intendono, ad esempio, il lavoro di squadra, il pensiero critico e la comunicazione.
Simulazione con high fidelity patient simulator
In Italia ci sono a disposizione diversi centri di simulazione che utilizzano simulatori ad alta fedeltà nella docenza infermieristica. In Emilia Romagna, ad esempio, è di recente realizzazione il centro Asco, Area di simulazione clinico organizzativa, di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza. Attraverso l’utilizzo di una scala di valutazione validata (Sse, simulation experience scale), identificata nelle banche dati scientifiche internazionali durante una revisione della letteratura accurata, di focus group e interviste, ci si è riproposti di misurare la validità della simulazione con manichini ad alta fedeltà, come metodo di formazione, attraverso il pensiero degli studenti infermieri del terzo anno (2016/2017) dell’Università di Parma, partecipanti ad esperienze di formazione realizzate presso il centro Asco e dei docenti coinvolti. Ebbene gli studenti risultano essere molto soddisfatti dell’esperienza.
Breve storia della simulazione
La simulazione ha una storia che affonda le radici negli anni Venti in campo militare, in particolare in quello aereonautico, con il suo precursore Edward Link. Nella formazione infermieristica, il primo manichino viene sviluppato nel 1911: era a dimensione naturale ed aveva gomiti e ginocchia articolati. Negli anni a venire sono stati sviluppati modelli sempre più sofisticati, passando da low fidelity simulator a moderate fidelity simulator fino ad arrivare, al giorno d’oggi, a quelli che vengono definiti high fidelity patient simulator. Questi ultimi sono in grado di riprodurre fedelmente un gran numero di caratteristiche di un ipotetico paziente umano: battito cardiaco, fisiologia del respiro, simmetria delle pupille, parola ecc…
L’esperienza si compone di tre momenti: la fase di Briefing, in cui il formatore illustra ai discenti l’obiettivo della specifica simulazione, indicando anche i criteri spazio/temporali in cui si articolerà lo scenario; la simulazione vera e propria, in cui i discenti agiscono direttamente sul manichino mentre il formatore controlla dalla regia la scena ed eventualmente la modifica e la fase di Debriefing, che consiste in una tappa fondamentale del processo formativo, poiché attraverso la visione di quanto svolto e registrato esso permette il confronto tra pari e con il formatore, stimolando l’apprendimento attivo.
La ricerca con gli studenti
È stato chiesto agli studenti di valutare l’esperienza della simulazione su tre aree tematiche: il debriefing, l’apprendimento clinico e il ragionamento clinico. I questionari compilati sono stai 37 su 45 partecipanti. Poi sono stati organizzati dei focus group, che hanno utilizzato alcune domande guida:
- Che cosa vi è piaciuto di più della simulazione e cosa invece vi è parso carente?
- Come vi siete trovati a lavorare in una squadra? E nei panni di team leader?
- Pensate siano migliorate le vostre abilità comunicative sia con i colleghi e il paziente, sia riguardo all’esprimersi con un linguaggio tecnico?
- Dopo questa esperienza avete percepito un accrescimento della vostra autostima?
- Pensate sarebbe utile inserire questa attività come parte integrante del Corso di Laurea? E pensate possa essere un banco di prova importante anche dopo la laurea, una volta inseriti nel contesto lavorativo?
Conclusioni
La simulazione con high fidelity patient simulator è stata un’esperienza particolarmente formativa per tutti gli studenti. Le sue numerose qualità sono state riconosciute e gli effetti positivi sulla propria persona sono stati riscontrati. Anche le evidenze derivate dalla letteratura scientifica vengono confermate in questo caso.
Studenti e docenti si trovano in accordo nell’affermare che un’attività di questo tipo è estremamente costruttiva nel percorso didattico dello studente. È da sottolineare quanto la formazione sia fondamentale per una professione come la nostra e quanto sia importante costruirla tassello per tassello con attenzione, per formare futuri infermieri preparati all’approccio con la realtà.
L’augurio è quello di non essere mai pigri nell’apprendimento e nell’informazione, mai statici: essere infermieri vuol dire essere in continua evoluzione
Alessandra Carini, infermiera libero professionista
Enrico Lucenti, infermiere U.O. Pronto Soccorso e 118 P.O. Val Tidone, Ausl Piacenza. Docente presso l’Università di Parma, CdL in infermieristica. Istruttore Simeu